Quello che un quadro mi trasmette
1) John William Waterhouse (1849-1917),
Miranda-The Tempest (1916)
Vorrei smettere di sopportare questa perenne attesa che mai
mi da tregua come le onde di questo mare in burrasca, mi attraversa l’anima. Mi
sconvolge come se portassi in me tutte le colpe di questo universo dentro un oblio incerto. Oramai navigo senza
una meta. Sono una nave nel mare in tempesta e non ho il coraggio di chiedere
l’eden ma vorrei solo un’isola tranquilla
dove traslocare i miei sentimenti. Il
mondo mi circonda con le sue fiamme e si
impone a lasciarmi nell’ombra e quando mi ribello accende di fuoco i miei
cappelli .Oh come se fossero dei fili elettrici si abbandonano al vento e i
pensieri urlano pregando il suicidio. Ma a concedere loro una morte dolce me lo
impedisce il cuore. I spigoli, le rocce dove cammino si vantano di somigliargli
ma il mio cuore no, conserva ancora un filo di speranza che il mare non può
annegare e l’aria non può bruciare. Esso appartiene all’eterno. Appartiene
all’amore.
Mi fanno orrore queste onde pronte a ingoiare ogni briciola
di vita. Per arricchire il loro profondo non se ne curano di niente e poi
magari mi diranno pure che sono state obbligate dalla tempesta. Io sono
convinta che è uno sporco commercio obbedire a ordini distruttivi. Io sono nata libera e morirò tale anche se il
bisogno di un sincero abbraccio non mi
da tregua. Le dolci coccole di un papa
vagano sempre per la mia mente mentre sogno di essere una principessa
reale. Lui il mio re , mi ha abbandonata al vento e io nel vento vorrei un
altro respiro che mi entri dentro e mi ricompensi l’essere. Le mie braccia
intorno alla vita non bastano per riscaldare la mia anima. Io sono quella nave
che vedo e voi siete queste onde tremende. Oh cielo vienimi tu in aiuto e
portami una grande mongolfiera dove salire. Voglio solo sparire da questa
tremenda visione. Voglio solo andare a vivere. Una strana sensazione mi stringe
al petto e mi abbandono alla malinconia… Io non posso non voglio
sprofondare nella tremenda solitudine .
Aspetto un raggio di luce. Ma non ho scelta per il momento. Devo sopportare,
non urlare e attendere. Le forze del bene vano cullate. Loro si spaventano
dalla disperazione e dalle lacrime. Navigano in sentirei segreti e salvano navi
disperse. La tempesta finirà. La nave arriverà vicino a me e uno splendido
capitano dagli occhi azzurri , figlio del cielo restituirà al mio tempo tutto
ciò che ha perso strada facendo. Il mio orizzonte non si ferma a quello che gli
occhi fissano. Le ali dell’immaginazione mi fanno compagnia. E se l’immobilità fa pure parte di una strana guerra. Guerra sia. Aspetterò che la tempesta si
calmi e se non lo farà, diventerò capitano della mia esistenza.