lunedì 1 febbraio 2016


IL FILO DI ARIA
La Fontana di Trevi, disegnata sulla parete frontale era la prima meraviglia che incontravano gli occhi di chi entrava nella biblioteca  “Roma”. I tavoli per sedersi però erano rivolti alle spalle di questa visione. Cosi  tutti mentre leggevano potevano guardare scafali di libri ordinati con estrema cura oppure la natura, la quale respirava fuori nel giardino senza impressionarsi ogni volta  dall’immagine della stupenda visione. Il silenzio cercava di regnare come un sovrano assoluto ma spesso veniva attaccato da voci e rumori di altro genere . Il tempo sembrava spogliato dalle varie misure che l’umanità ha voluto attribuirli facendosi patrimonio di un intero mondo di libri.
Quel giorno le temperature si erano abbassate in modo notevole. Il mese di novembre anticipava l’inverno. Ero uscito di casa vestito molto leggero con una camicia blu , un paio di jeans e un cappotto nero. Portavo a spasso i cani del mio migliore amico, il quale aveva fratturato la gamba. L’ istinto mi aveva portato in quella biblioteca centrale dove spesso trovavo rifugio. Lasciai i cani a giocare nel giardino e mi recai dentro cercando di trovare il  famoso“ filo di Ariana”. Era successo  quattro mesi fa. Trovai un libro dimenticato in un tavolo con sopra un lunghissimo capello biondo. Si trattava del volume “Le memorie di Adriano” scritto da Marguerite Yourcenar. Prima di appoggiarlo al banco degli oggetti dimenticati (questa biblioteca usufruiva di questo servizio ) decisi di leggerlo. Leggendolo tra le pagine del libro  trovai delle frasi scritte con una elegante scrittura. Fui subito attratto dal modo in cui la persona che le aveva scritte si esprimeva. E in quel momento mi convinsi ancora di più che la mia vita era un labirinto. Le condizioni sociali e  le persone che cercavano di dominarla non differivano molto dal Minotauro. Metà uomini e metà politici muniti di un cervello tendenzialmente animalesco in grado di convincere che ragionavano in un modo e poi fare tutt’altro. Si nutrivano di me e di altre facce pulite cercando di spazzare via il loro sporco che ogni giorno cresceva in maniera assurda. Lei , (ero convinto che era una lei in modo istintivo e perché il lunghissimo capello profumava di femminilità )viveva la mia stessa situazione ma in modo diverso. Con più distacco e indifferenza. Cercava di salvare il salvabile. Decisi di chiamarla Arianna prima di lasciare il libro tra gli oggetti dimenticati. Gli scrissi una lettera dove la pregavo di dimenticare altri libri in giro. Sarei stato molto abile a trovarli.
Dopo un paio di settimane la mia Arianna dimenticò un altro libro. E questa volta si trattava del volume di  “Alexsandros” di Valerio Massimo Manfredi. Di nuovo una piccola parte del suo mondo entrava in me in quel modo cosi paradossale siccome  allo stesso tempo misterioso e pratico.
In piedi con lo sguardo fisso vedevo la Fontana di trevi e cercavo di affogare dentro tutti i pensieri, ma essa era immobile e rifiutava di riciclare le mie paranoie. Posai il libro che stavo leggendo sul tavolo e sedendomi sulla sedia antica mi accorsi che  ero arrivato  proprio alle ultime pagine. Provai la stessa sensazione di sempre. Ogni volta che finivo di leggere un libro mi sembrava di tornare da un viaggio. Mentre pensavo involontariamente ad Arianna, nella speranza che avrei trovato un altro suo libro, sentii qualcuno che mi dava un colpo alla spalla. No. Di nuovo lei. Una che si spacciava di essere la mia ex fidanzata quando  c’è stata solo una settimana di frequentazione tra di noi.
“E tu che ci fai qui dove sto io? Ma non hai capito che con tutto quello che mi hai fato mi devi stare alla larga?“ mi disse parlandomi nell’ orecchio con un urlo sordo estremamente fastidioso e paranoico.
“Avrò pure io il diritto di frequentare un luogo pubblico che d’altronde frequento quasi sempre! Non sto agli arresti domiciliari e poi tutto ciò che ritieni che abbia fatto a te, lo hai fatto tu a te stessa.” risposi indignato.
Lei avrebbe voluto che anch’io gli chiedessi cosa facesse li, ma siccome lo scarso interesse nei suoi confronti me lo impediva, quelle parole di gentilezza non uscirono dalla mia bocca.
Infuriata lei si appoggio alla finestra e il labbro interiore cominciò a  tremarle in modo isterico. Vide i cani in giardino e li riconobbe. Mise la mano in tasca e la vidi tirar fuori il suo telefono cellulare.
“Polizia ci sono dei cani che abbaiano qui! Ma  è possibile che in un luogo dove uno viene a studiare si debba disturbare in una simile maniera?!”
Si sentii ad un tratto un rumore di lamentele proveniente da tutti i presenti nella sala lettura. Lei uscì di corsa tenendo la testa in alto in segno di superiorità e vidi che fuori lo aspettava un ragazzo bello e alto che la abbracciò e la baciò sulle labbra. Aveva trovato compassione spacciandosi per una ragazza ferita e abbandonata, ma non ho capito perché doveva infangare il mio nome.
Ritornai in me  e cominciai a osservare scrupolosamente in giro tra tavoli , scafali , pavimenti e senza ragione fissavo pure il soffitto. Non c’era traccia di Arianna da nessuna parte. Sentii ad un tratto di averla persa. Non avrei mai pensato che perdere qualcosa che non hai mai avuto provoca un dolore sconosciuto che rimane attaccato alla gola e rifiuta di scendere al cuore. La mente protesta e mentre ti da del pazzo tu puoi solo intimidirti. Non hai forza di ribellarti. Pregi la pazienza di non allontanarsi finche il tuo essere avrà digerito tutto.
Il mio telefono squillò e mi alzai per andare fuori a rispondere. Era il professore  presso il quale svolgevo il dottorato di ricerca. Avevo partecipato ad un bando di concorso per un posto fisso all’Università.
“Sai ragazzo mio, io ritengo che tu abbia tutte le qualità per proseguire in avanti e per questo che il bando non lo vinci per questa volta. Diamo la possibilità a chi non porta in un secondo luogo proseguire. Tu, eh si tu sei bravo. Nella vita avrai tante occasioni e io sarò il primo a prenderti in considerazione” riferiva il professore con un tono mascherato di dispiacere.
Non ero amareggiato ma totalmente schifato. Cercavo di immaginare quanti libri di quella biblioteca descrivevano situazioni simili. Saranno stati migliaia. Dai tempi in cui si è cominciato scrivere.  Alludevo stranito perché avevo perso il senno. Il filo Arianna mi avrebbe salvato da quella situazione ? Ma io poi sarei potuto essere un Teseo fedele o l’avrei abbandonata al primo ostacolo che la vita ci avrebbe riservato? Non capivo più niente. Il troppo vuoto che avevo conquistato con la ragione si rivolgeva contro di me in autonomia perfetta.
“Dal cielo piovono i libri!” sentii una voce femminile seguito da una leggera risata. La, parola libri era stata pronunciata con una r moscia estremamente attraente. Un libro con la copertina bianca e pagine vuote cadde sul prato. Lo raccolsi e tra le pagine trovai il  capello biondo. Guardai in alto senza speranza di vedere qualcuno. L’ombra di Arianna ormai era diventata la mia condizione normale. Ma una ragazza mi sorrideva e mi diceva di aspettarla. Mi dimenticai del concorso e del professore, della mia presunta ex e pure dei cani che avrei dovuto accudire e rimasi sospeso tra i pensieri. Lei stava scendendo le scale e mi avrebbe raggiunto. Arianna usciva dalla mitologia ed entrava in contatto con me.
Diventai una statua di ghiaccio, un sordomuto una persona incapace di collegare due parole quando  una voce presentandosi disse. ”Piacere Letizia”. (la r moscia sempre più sensuale ) Dissi “Piacere Gabriele” ma per poco non pronunciai “Teseo”. Da quel giorno stiamo insieme. Lei continua a  dimenticare ancora dei libri per me nella sala della biblioteca nonostante siano passati degli anni. Credo che lo farà sempre. Almeno finché proverà la stessa intensa sensazione che ci lega.
“Roma” alle mie spalle custodiva e continua a custodire migliaia di libri. In tutta la mia vita non potrò leggere nemmeno un quarto di loro. Li, passavo spesso tanto tempo. Li, avevo incontrato una Arianna che poi in realtà si chiama Letizia.
Gli incontri non succedono sempre e solo per caso. Ci sono delle ragioni interiori che ci inducono ad avvicinarsi ad una persona piuttosto che ad un’altra. Così anche le biblioteche dove entriamo non le scegliamo solo per caso, ma perché sconosciute alchimie vengono a crearsi .

                                                                                                                                                                      KRISTINA BLUSHI